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Utilizzo dei terreni a riposo: ritardi burocratici ma gli agricoltori sono pronti

Arriva finalmente il via libera all’utilizzo dei terreni lasciati a riposo ai fini della diversificazione colturale o della costituzione delle aree d’interesse ecologico (EFA). Si tratta, in sostanza, di una deroga al cosiddetto set aside inserito nella Politica Agricola Comune, proposta in prima battuta dalla Commissione Europea a marzo, per sopperire alla mancanza di approvvigionamento di colture cerealicole a causa del conflitto in Ucraina.

La direttiva è stata poi recepita dall’Italia con un Decreto del ministro delle Politiche Agricole Patuanelli dell’8 aprile ed è diventata operativa il 29 aprile, con una circolare di Agea (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura).

In sintesi – spiega Sandra Capozzi, responsabile del Centro di Assistenza Agricola di Cia-Agricoltori Italiani Ferrara – un produttore può decidere di utilizzare i terreni a riposo per coltivare qualsiasi tipo di coltura, per il pascolo o la fienagione. L’agricoltore può anche effettuare trattamenti fitosanitari, assicurare le colture dal rischio e chiedere il cosiddetto “premio accoppiato” previsto dalla Pac. Di fatto, quindi, tali terreni acquisiscono tutte le agevolazioni di quelli produttivi. Per fare un esempio pratico: l’azienda che dichiara di coltivare mais sul 75% delle superfici e di lasciare a riposo la quota del 25% può decidere di coltivare mais anche su quel 25% in attuazione della deroga, senza che ciò costituisca violazione al rispetto della diversificazione colturale”.

Una direttiva che getta sicuramente le basi per una maggiore autosufficienza di materie prime agroalimentari ma che, come sottolinea il presidente Stefano Calderoni: “È in parte vanificata dai ritardi burocratici: dall’indicazione europea alla circolare che rende applicabile la direttiva in Italia è passato un mese e mezzo. Un tempo prezioso perché a inizio aprile si poteva seminare qualsiasi tipo di cereale primaverile, dal mais al sorgo fino alla soia, mentre ora le possibilità sono decisamente ristrette. Purtroppo, come spesso accade anche in altre situazioni di difficoltà, la burocrazia non tiene conto dei ritmi della terra. Inoltre si tratta di una misura limitata al 2022 mentre sarebbe stato lungimirante estenderla almeno al 2023, per consentire alle aziende di programmare magari anche le semine di frumento e non lavorare sempre in uno stato di perenne emergenza. Naturalmente associazione ci stiamo già muovendo per garantire a chi vorrà seminare nei terreni a riposo – a queste date la scelta è ristretta a sorgo e leguminose – di procedere con la richiesta e di mettersi in regola anche con i contributi Pac. Gli agricoltori certamente non si tireranno indietro di fronte alla necessità del nostro Paese di produrre più cibo e di arrivare a una maggiore autonomia agroalimentare e anche energetica. Perché, come ormai sappiamo, è importante non dover dipendere solo dalle importazioni estere di prodotti per i quali non è garantita la stessa salubrità e qualità di quelle italiane. Concludo però ribadendo il concetto che ho già espresso più volte: non si può tirare la giacca agli agricoltori, costringendoli in questo caso a lavorazioni e semine frettolose, solo quando c’è un’emergenza e dimenticandosi di loro e delle loro problematiche quando il “pericolo” è passato. La consapevolezza dell’importanza strategica del settore agricolo deve essere al centro dell’agenda politica ed economica ogni giorno, a prescindere dalla situazione internazionale.”

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